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2008 – Le nuove frontiere del diritto internazionale

Presentazione

L’instabilità dell’ordine internazionale, la crescente tensione, al suo interno, tra obiettivi legati alla sicurezza e alla tutela dei diritti umani, nonché la faticosa ricerca di criteri di giustizia in esso applicabili costituiscono i principali ambiti problematici nel diritto internazionale dei nostri giorni e così anche nella sua analisi teorica. La mancata corrispondenza tra globalizzazione e lotta alla povertà grave, i problemi aperti dalla necessità di regolare l’uso delle risorse naturali e di garantirne l’accesso in un’ottica globale, la complessità indotta dalla reciproca crescente apertura tra gli ordinamenti giuridici e dal proliferare delle giurisdizioni in vari settori specifici sottolineano l’importanza del diritto internazionale e, insieme, il bisogno di giungere a una sua nuova e articolata comprensione, che sia radicata entro basi teoriche salde ed euristicamente valide. Numerosi eventi, processi e mutamenti strutturali riaprono oggi, con forza, la discussione intorno alla natura e allo statuto del diritto internazionale, intorno al suo rapporto con la sfera politica, intorno alle dimensioni di accountability e di partecipazione applicabili nello spazio transnazionale e globale. L’insorgenza di queste tematiche nell’alveo della riflessione intorno al diritto internazionale, da un lato, revoca nettamente in dubbio la possibilità di continuare a concepire quest’ultimo come un diritto concernente esclusivamente i rapporti tra gli Stati, dall’altro evidenzia le molteplici difficoltà insite nel reperimento di un modello alternativo.
Il presente volume di Ars Interpretandi mira a indagare i temi sopra elencati secondo una prospettiva che prende opportunamente le distanze dalla sterile insistenza sulla natura delle norme e dell’ordinamento internazionale, per porre invece con forza l’accento sull’analisi dei concreti processi di trasformazione in corso all’interno di quest’ultimo, riconoscendo ampio spazio ai rapporti tra gli ordinamenti giuridici (interno, internazionale, transnazionale, sovranazionale), così come – conseguentemente – ai possibili modi di leggere la relazione tra ordine costituzionale e ordine internazionale, tra valori costituzionali e valori emergenti in specifici ambiti del diritto internazionale, come ad esempio l’ambito dei diritti umani.

Elena Pariotti
Introduzione
pp. 7-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70642

Abstract

In tema di: I principali ambiti problematici nel diritto internazionale dei nostri giorni e nella sua analisi teorica. La discussione intorno alla natura e allo statuto del diritto internazionale. Gli interrogativi centrali relativi alla possibilità del diritto internazionale di incorporare e attuare le istanze di giustizia nonché la determinazione dei criteri di giustificazione per tali istanze; la possibilità di un rule of law applicabile alla sfera internazionale e la messa a punto di schemi dottrinali e teorici per la sua concettualizzazione; il rapporto tra i vari settori del diritto internazionale rispetto all’implementazione di principi di giustizia. L’analisi dei suindicati temi secondo un approccio filosofico e teorico-giuridico ed i singoli contributi del volume.

Benedict Kingsbury
L’ordinamento giuridico internazionale
pp. 13-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70643

Abstract

Sommario: 1. Espansione e precarietà del concetto di sistema giuridico internazionale. 2. Le sfide ai concetti e agli assunti principali del positivismo giuridico. 2.1. Le critiche interne ai concetti giuspositivisti: statualismo, interesse nazionale e razionalità strumentale. 2.1.1. Statualismo e comunità internazionale. 2.1.2. L’interesse nazionale. 2.1.3. Razionalità strumentale. 2.2. Le critiche esterne e le alternative all’approccio giuspositivistico dominante: le scuole critica, marxista e costruttivistica. 3. L’agenda della cultura giuridica internazionalistica. 3.1. Legittimità, democrazia e giustizia nella governance internazionale. 3.2. Normatività e ordine internazionale. 4. Il concetto di diritto internazionale.

Martti Koskenniemi
Il destino del diritto internazionale pubblico: fra tecnica e politica
pp. 33-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70644

Abstract

Il diritto internazionale è attraversato e plasmato oggi da vari processi. In primo luogo dalla frammentazione, termine con il quale la letteratura corrente indica il progressivo ampliamento delle competenze e la specializzazione del diritto internazionale, fino alla formazione dei cosiddetti “regimi”, ovvero sfere di regolazione relativamente autonome composte da fonti normative prodotte attraverso meccanismi sia formali – i trattati – che informali e capaci di alimentare al proprio interno orientamenti interpretativi specifici, grazie all’attività di organi giurisdizionali ad hoc. Il problema di fondo posto dal moltiplicarsi dei regimi, in aree peraltro decisamente nevralgiche per gli interessi dell’umanità, investe immediatamente la questione del principio di legalità internazionale e richiede che ci si interroghi in merito allo specifico configurarsi del rapporto tra controllo politico e processi giuridici nella sfera internazionale. I regimi spingono, infatti, verso il rafforzamento della posizione degli esperti e dei tecnici, legati ai “vocabolari tecnici della sistemazione ad hoc, della co-ordinazione e dell’effetto ottimale”, così riducendo lo spazio, già drasticamente contenuto, della legittimazione “democratica” delle norme internazionali. La proposta dell’A. consiste nel rilanciare la natura del diritto internazionale come progetto politico e nell’abbandonare la tendenza banalizzante che vorrebbe invece enfatizzarne la lettura in termini di gioco strategico. Con le parole dell’A., “politicizzare la governance significa ripensare l’attività delle istituzioni esperte non come produzione tecnica di decisioni predeterminate da qualche logica anonima, ma come scelte ad opera di uomini e donne adeguatamente collocati in vari luoghi dove si esercita il potere: non solo nella diplomazia o nelle organizzazioni intergovernative, ma anche in società transnazionali, gruppi di interesse, eserciti, agenzie di sviluppo, università e via di seguito”. In luogo di una sostituzione della governance alla politica, l’A. propone, così, una lettura politicizzante della governance stessa.

Sommario: 1. Il progetto del diritto internazionale moderno. 2. Frammentazione. 3. Deformalizzazione. 4. Costituzionalismo. 5. Pluralismo giuridico. 6. Prospettive di narrazione. 7. Analogie tedesche. 8. Contestare la governance.

Mattias Kumm
Costituzionalismo democratico e diritto internazionale: termini del rapporto
pp. 69-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70645

Abstract

Nel presente saggio, ruolo e funzioni del diritto internazionale risultano analizzati nell’ottica dei rapporti tra diversi ordinamenti giuridici, sia in senso verticale che in senso orizzontale. Obiettivo generale del contributo è individuare le condizioni essenziali per una lettura teoreticamente fondata del diritto internazionale, capace di tenere conto di alcune significative dinamiche emergenti nel contatto tra ordinamenti giuridici e di riconoscere la legalità internazionale nella sua funzione di attuazione dell’integrità del diritto. L’A. osserva come la prospettiva più tradizionale, in cui i rapporti tra diritto interno e diritto internazionale sono rappresentati nella forma del diritto delle relazioni dello Stato con l’estero, in base a criteri individuati nelle varie costituzioni, vada perdendo plausibilità per effetto della tendenza, particolarmente evidente in sede giurisprudenziale, a considerare il diritto internazionale come elemento vincolante per le decisioni. Più che dalle sole norme di conflitto, dunque, il rapporto tra diritto interno e diritto internazionale sarebbe regolato da “norme di impegno” del primo verso il secondo. Principio di legalità (formale), principio di sussidiarietà, che consente di potenziare e connettere tra loro i vari livelli di partecipazione dal locale al globale, legittimità procedurale (accountability) e legittimità legata al risultato perseguito dalle norme internazionali sono i criteri che consentono di giustificare l’osservanza del diritto internazionale da parte degli Stati e all’interno degli Stati, in una linea di totale continuità rispetto agli obiettivi del costituzionalismo. “Quando i cittadini di una democrazia costituzionale rispettano il diritto internazionale”, afferma l’A., “non stanno compromettendo i principi costituzionali. Al contrario, stanno rispondendo alle domande di principio sottese alla migliore interpretazione della tradizione costituzionale liberale di cui fanno parte”. In tale processo, riveste un ruolo centrale il diritto internazionale dei diritti umani, che non mira alla soluzione di specifici problemi di coordinazione, ma concorre a realizzare su più vasta scala i principi generalmente riconosciuti anche a livello costituzionale. In tal senso, i trattati sui diritti umani orientano la pratica costituzionale interna, attraverso il momento interpretativo, giacché “stabiliscono un punto di riferimento comune transculturale valido per un ampio numero di Stati”.

Sommario: 1. Introduzione. 2. Un modello costituzionalista: quattro principi relativi al rapporto con il diritto internazionale. 2.1. Legittimità formale: il principio di legalità internazionale. 2.2. Legittimità giurisdizionale: il principio di sussidiarietà. 2.3. Legittimità procedurale: il principio di adeguata partecipazione e accountability. 2.4. La legittimità fondata sul risultato: il raggiungimento di esiti ragionevoli. 3. Il quadro costituzionale applicato: illustrazioni. 4. Il dovere costituzionale di rapportarsi con il diritto internazionale: la rilevanza interna dei trattati internazionali riguardanti i diritti umani. 5. Impedimento della “migrazione” di idee incostituzionali? I diritti costituzionali e il controllo interno delle decisioni delle istituzioni internazionali. 6. Conclusioni: tecniche e distinzioni dell’autorità graduata.

Massimo Iovane
Metodo costituzionalistico e ruolo dei giudici nella formulazione dei principi generali del diritto internazionale
pp. 103-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70646

Abstract

Nel presente contributo viene indagata la possibilità di applicare il modello dell’ordine costituzionale alla sfera internazionale, e in particolare al resoconto del funzionamento dei regimi materiali di protezione internazionale dei valori ritenuti essenziali per ogni essere umano. Gli elementi in grado di determinare l’idoneità del modello costituzionalistico per la spiegazione dell’emergere della tutela di valori fondamentali anche in ambito internazionale attengono alla tendenza insita in tale modello a privilegiare l’analisi giuridica del contenuto delle norme, così come il riferimento al contesto e alle aspettative dei destinatari. In questo stesso modo si spiega, all’interno dei processi mediante i quali il diritto internazionale va costruendo i meccanismi di protezione per tali valori, il ruolo centrale e determinante svolto dalla giurisprudenza, come bene attesta, nell’analisi dell’A., il caso della tutela ambientale. L’apprezzamento del ruolo del giudice sottolinea, inoltre, l’importanza, nell’evoluzione dei principi generali del diritto internazionale, del momento interpretativo e del rapporto tra giudice e società civile. In questo senso l’apporto derivante dall’ermeneutica giuridica potrebbe risultare estremamente significativo nella costruzione di un approccio teorico al diritto internazionale.

Sommario: 1. Metodo costituzionalistico e particolarità del diritto internazionale. 2. Il giudice e i principi generali di diritto in materia di protezione internazionale dell’ambiente.

Ernst-Ulrich Petersmann
La giustizia nel diritto internazionale dell’economia? Dal “diritto internazionale fra Stati” al “diritto internazionale dell’integrazione” e al “diritto costituzionale”
pp. 131-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70647

Abstract

La progressiva penetrazione dei diritti umani e dei principi di giustizia entro il diritto internazionale dell’economia è al centro dell’indagine proposta nel presente contributo. L’idea centrale del saggio è mostrare come il riconoscimento dei diritti umani e la globalizzazione, trasformando il “diritto internazionale orizzontale tra stati” in un “diritto internazionale di stati, popoli e cittadini”, possano costruirsi per mezzo di un vero e proprio “diritto costituzionale internazionale”. Nella prospettiva dell’A., che mira a coniugare gli assunti propri della tradizione delle teorie della giustizia liberali con il perseguimento di obiettivi sia individuali che collettivi connessi agli interessi essenziali dell’umanità, i diritti umani rappresentano una base adeguata alla costruzione tanto di una giustizia cosmopolitica quanto della giustizia interna. Per quanto variamente definiti dagli strumenti nazionali e internazionali, i diritti umani, almeno in un loro nucleo essenziale, che tuttavia concerne la dimensione dei diritti civili ma anche quella dei diritti sociali e della giustizia distributiva, sono ormai parte di un “diritto costituzionale positivo” che si colloca nel punto di congiunzione tra livello interno e livello internazionale. I processi che, concorrendo a determinare tale intersezione, vanno inoculando istanze di giustizia in questa sfera del diritto internazionale pongono in evidenza due aspetti che appaiono significativi per la comprensione stessa di quest’ultimo: il coinvolgimento degli attori non statali e, ancora, il ruolo centrale svolto dall’attività del giudice. Quest’ultimo, di fronte a un quadro normativo sempre più ampio quanto a competenze, articolato rispetto ai livelli ordinamentali e ai regimi coinvolti e sostanziale per lo spazio in esso via via occupato dai principi di giustizia, “rimane l’ultimo custode non solo della giustizia nelle controversie concrete, ma anche dell’unità del diritto internazionale”.

Sommario: 1. L’emergente “diritto dell’integrazione internazionale”. 2. La nascita del “diritto costituzionale internazionale”. 2.1. Le diverse forme di governance economica multilivello. 2.2. Sinergie del costituzionalismo nazionale e internazionale per il controllo della governance multilivello. 2.3. “Funzioni costituzionali” del diritto dell’OMC. 3. In cerca di “principi di giustizia” comuni coerenti. 3.1. “Governance diretta da paesi membri” vs “governance giudiziaria costituzionalmente limitata. 3.2. Procedimenti di prevenzione e risoluzione delle controversie tra cittadini: statualismo vs diritti. 4. Moralità del diritto internazionale dell’economia? Aspetti moderni di un vecchio problema. 4.1. La giustizia esige una concezione liberale del diritto internazionale del commercio. 4.2. Lotte per la “giustizia costituzionale” nel diritto internazionale dell’economia. 4.3. Lotte per la “giustizia correttiva” nel diritto internazionale dell’economia. 5. La giustizia come obiettivo del diritto nazionale e internazionale. 6. Differenze fra le teorie della giustizia e loro nucleo costituzionale. 6.1. Libertà eguali fondamentali come principio primo di giustizia: il commercio giusto è il commercio liberale. 6.2. Equità procedurale come secondo principio di giustizia: il commercio giusto esige Stato di diritto, procedure democratiche e trattamenti preferenziali per i PMS. 6.3. Ordine costituzionale democratico come terzo principio di giustizia: la necessità di una più ampia legittimità democratica del diritto internazionale dell’economia.

Anne Orford
Oltre l’armonizzazione: commercio, diritti umani ed economia del sacrificio
pp. 173-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70648

Abstract

Nel presente contributo l’A. affronta il tema del rapporto tra diritto del commercio internazionale e diritti umani. Pur riconoscendo che la letteratura odierna in materia non evita di confrontarsi con la sfida che i diritti umani pongono, in termini di logica di fondo, al regime del commercio globale, l’A. ritiene che il diritto internazionale dell’economia possa esigere il sacrificio di democrazia e diritti umani. Gli accordi commerciali, sostiene l’A., “affermano principi di trasparenza, razionalità e universalità di applicazione. Eppure essi richiedono anche che i soggetti di questi accordi sacrifichino le virtù pubbliche nell’ambito della politica per andare incontro alle richieste di responsabilità” (dei governanti) verso il mercato. Inevitabile e apparentemente insanabile risulta, allora, la scissione tra la logica dell’economia, che tratta gli individui come oggetti più che come titolari di diritti, da un lato, e la logica dei diritti umani, che aspira a fare degli individui attori politici in senso pieno sulla scena globale. Una scissione, questa, che finirebbe con il riprodurre, proprio lungo la linea dell’internazionalizzazione dei diritti umani, la contrapposizione tra il cittadino della comunità politica e l’essere umano come soggetto dei diritti umani. Il soggetto dei diritti umani, nel diritto internazionale dell’economia, deve prima configurarsi come cittadino titolare di diritti all’interno dello Stato, deve cioè passare attraverso una condizione che è resa possibile proprio da quei trattati che possono imporre il “sacrificio” dei valori della democrazia e dei diritti da parte dello Stato nei confronti del mercato.

Sommario: 1. Discutendo di commercio e di diritti umani. 2. Il sacrificio e i segreti del diritto del commercio mondiale. 2.1. Razionalità e mistero. 2.2. Il Padre che guarda nel segreto ti ricompenserà. 2.3. La questione sospesa del sacrificio della donna. 3. Il posto del sacrificio in democrazia. 3.1. Il sacrificio davanti alla legge. 3.2. I diritti umani come partecipazione. 3.3. I diritti umani e il soggetto responsabile. 4. Una memoria della carne.

Tecla Mazzarese
Interpretazione della costituzione. Quali i pregiudizi ideologici?
pp. 213-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70649

Abstract

Se l’interpretazione della costituzione sollevi problemi specifici e presenti tratti distintivi rispetto ad altre forme e modi dell’interpretazione giuridica è un quesito non nuovo per il quale in letteratura sono state suggerite risposte diverse. Fra le molte posizioni, differenti anche se non sempre nettamente contrapposte, si distingue, per la singolare intransigenza della sua formulazione, quella difesa da Rolando Tamayo. Ora, prendendo le mosse dalla radicalità dei termini nei quali Tamayo ne contesta qualsiasi possibile specificità (e, forse, anche qualsiasi possibile interesse), l’intento di questo lavoro è, invece, segnalare tre ragioni che non solo giustificano ma anche sollecitano l’attenzione per l’interpretazione della costituzione. [abstract tratto dalla rivista]

Sommario: 1. Un quesito non nuovo. 2. Una risposta singolarmente intransigente. 3. Tre ragioni d’interesse. 3.1. Interpretazione giuridica, costituzione e varietà delle fonti del diritto. 3.2. Interpretazione della costituzione e neocostituzionalismo. 3.3. Interpretazione della costituzione e crisi del neocostituzionalismo.

Recensione
A. Garapon Del giudicare. Saggio sul rituale giudiziario (G. Brindisi)
pp. 239-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70650

Abstract

L’evoluzione delle forme e dei criteri del giudizio è sempre stata accompagnata dal tentativo di orientarne il divenire attraverso svariati sforzi di problematizzazione. A questo genere di prove può essere ascritto Del giudicare di Antoine Garapon, esito di un’indagine intrapresa negli anni Ottanta e incentrata sul rapporto tra giudizio e rito in un’epoca in cui i confini rituali dello spazio giudiziario, assecondando la patologia della democrazia, tendono a divenire evanescenti. La parte più densa del testo in questione, che ne segna insieme la specificità in rapporto ad altre analisi filosofiche e sociologiche, risiede nel reperimento e nel chiarimento della polisemia e della grammatica del simbolismo giudiziario al fine di restituire il senso della sua funzione e della sua evoluzione. L’accurata analisi di vesti, spazi, gesti e linguaggio fa di esso, a livello metodologico e concettuale, un erudito studio antropologico sulle condizioni materiali e simboliche dell’esercizio del giudizio: non tanto una teoria del giudizio, quanto un’analisi della dipendenza della sua vitalità dall’estetica giudiziaria. Quest’ultima è coessenziale alla produzione del giudizio nella misura in cui le Erinni eschilee sono divenute custodi della ragione a condizione che il rito serbasse memoria del sacro, e il rituale ha in tal senso la funzione di instaurare una rottura (spaziale, temporale e linguistica) con l’esperienza ordinaria allo scopo di purificarla dal crimine e di rappresentare al contempo l’autorità legittima. Si dispiega così l’altra scena instaurata da questo espediente che prescrive la distanza al nostro immaginario, permette la metamorfizzazione della violenza, la recinzione sovrana del conflitto, l’argomentazione razionale, l’obiettività del giudizio.
2007-2011, 2008, Indici
2007 – Ermeneutica, filosofia pratica, diritti
2009 – Norberto Bobbio, gli anni padovani

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