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2007 – Ermeneutica, filosofia pratica, diritti

Presentazione

Questo volume di Ars Interpretandi, che inaugura il passaggio della rivista al nuovo editore, ripropone una silloge di alcuni tra i testi più significativi oltre a un bilancio dell’attività della rivista a oltre dieci dalla sua nascita.
Dopo un riesame delle origini e degli obiettivi della rivista, nonché un bilancio più ampio del ruolo sull’ermeneutica nella filosofia e nella cultura contemporanee, segue una selezione degli interventi più autorevoli e che hanno segnato alcune linee trainanti della ricerca portata avanti dalla rivista.
In particolare, gli interventi sul tema della razionalità pratica, sull’analisi delle strutture fondamentali del pensiero ermeneutico (comprensione, interpretazione e traduzione) e sulle questioni più generali dell’autocomprensione culturale del nostro tempo, quali globalizzazione, giustizia sociale ed ethos mondiale.

Francesco Viola, Franco Volpi. Giuseppe Zaccaria
Presentazione
pp. 7-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/71833

Abstract

In tema di: Un bilancio dell’attività della rivista “Ars interpretandi” a oltre dieci dalla sua nascita. Le origini e gli obiettivi della rivista. L’ermeneutica nella filosofia e nella cultura contemporanee come movimento di pensiero decisivo per l’autocomprensione culturale: la sua evoluzione. La selezione degli interventi più autorevoli e che hanno segnato alcune linee trainanti della ricerca portata avanti dalla rivista. In particolare, gli interventi sul tema della razionalità pratica, sull’analisi delle strutture fondamentali del pensiero ermeneutico (comprensione, interpretazione e traduzione) e sulle questioni più generali dell’autocomprensione culturale del nostro tempo, quali globalizzazione, giustizia sociale ed ethos mondiale.

Paul Ricoeur
Interpretazione e/o argomentazione
pp. 15-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/71834

Abstract

L’analisi che qui viene proposta con un doppio titolo pone l’interpretazione in antitesi con un’operazione considerata rivale, ossia l’argomentazione. La questione più importante consiste nel sapere se bisogna attenersi a una concezione puramente antinomica della polarità interpretazione/argomentazione o se, come sostiene l’A. nel presente saggio, si debba tentare di elaborare una versione propriamente dialettica di questa polarità. A dire il vero, rileva l’A., lo stato attuale della discussione non sembra a prima vista orientato verso questo tipo di trattamento dialettico. Basti ricordare, da un lato, un autore come Ronald Dworkin, che pone l’intera seconda parte della sua opera “A Matter of Principle” sotto il titolo “Law as Interpretation”, senza apparentemente dare spazio a un eventuale confronto tra interpretazione e argomentazione; dall’altro lato, teorici dell’argomentazione giuridica, come Robert Alexy, in “Theorie der juristischen Argumentation”, e Manuel Atienza, in “Teoría de la argumentación jurídica”, per i quali l’argomentazione giuridica deve essere considerata come un settore distinto, ma subordinato, all’interno di una teoria generale dell’argomentazione pratica, senza che l’interpretazione sia mai riconosciuta come un elemento originale del discorso (Diskurs) giuridico. Malgrado questa situazione di fatto, l’A. , basandosi sulle insufficienze di ciascuna posizione considerata, sostiene la tesi secondo la quale una ermeneutica giuridica, incentrata sulla tematica del dibattimento, richiede una concezione dialettica dei rapporti tra interpretazione e argomentazione. L’A. afferma di essere stato incoraggiato in questa impresa dall’analogia che sembra esservi, sul piano epistemologico, tra la coppia interpretare-argomentare sul piano giuridico e la coppia comprendere-spiegare.

Hans Albert
Scienza giuridica ed ermeneutica. il diritto come fatto sociale e il compito della giurisprudenza
pp. 31-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/71835

Abstract

Sommario: 1. Il problema del carattere della giurisprudenza. 2. Normativismo e tecnologia sociale: due interpretazioni della giurisprudenza. 4. Il problema della validità fattuale delle norme. 5. La giurisprudenza razionale come fondamento della legislazione, della giurisdizione e dell’amministrazione. 6. Scienza e prassi giuridica nello stato di diritto: il ruolo della giurisprudenza nell’organizzazione della vita sociale.

Robert Alexy
Diritti fondamentali, bilanciamento e razionalità
pp. 45-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/71836

Abstract

Nel presente saggio l’A., dopo aver sottolineato l’esistenza di due modi essenzialmente diversi di concepire i diritti fondamentali (il primo in senso stretto e tassativo, l’altro in senso largo e comprensivo), mette in luce l’importanza dell’interpretazione nell’applicazione dei diritti fondamentali a livello costituzionale, in polemica con Habermas, giungendo alla conclusione che “i diritti fondamentali si rafforzano in maniera più che proporzionale rispetto all’intensità degli attacchi perpetrati nei loro confronti”, e mostrando che essi possiedono “una sorta di nucleo resistente intangibile”, che tuttavia è soprattutto l’attività interpretativa a portare alla luce.

Winfried Hassemer
Argomentazione con concetti fondamentali. L’esempio della dignità umana
pp. 57-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/71837

Abstract

Nel presente saggio l’A. indaga le caratteristiche del ragionamento pratico sul terreno dei diritti in riferimento a quello che è uno dei principi fondatori della cultura etica e giuridica di matrice illuministica: il concetto di dignità umana, tanto centrale quanto ampio e bisognoso di determinazione. Più precisamente l’A. critica il ricorso indiscriminato al principio di dignità e difende la sua centralità solo in quei casi in cui i valori in gioco siano adeguati a esprimere il carattere fondamentale di tale principio.

Sommario: 1. Ragioni e risultati. 2. Profondità e secche. 2.1. La vulnerabilità della Costituzione. 2.2. Il cambiamento sociale. 2.3. La derivazione. 2.4. La liquefazione. 3. Conseguenze. 3.1. Riduzione e relativizzazione. 3.2. Ancoraggio. 3.3. Argomentazione. 4. Conclusione.

Donald Davidson
Pericoli e piaceri dell’interpretazione
pp. 71-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/71838

Abstract

L’A. propone, dal punto di vista della filosofia della mente, alcune riflessioni sulla relazione tra il pensiero, o meglio tra vari tipi di pensiero, e il linguaggio nell’attività del tradurre. Ciò gli consente di mettere a fuoco le caratteristiche del processo di comprensione, specialmente il ruolo svolto in esso dal contesto, e di prendere posizione in merito alla querelle tra mentalismo e realismo.

John R. Searle
La spiegazione dei processi cognitivi
pp. 89-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/71839

Abstract

Sommario: 1. Il problema. 2. La versione del modello dell’elaborazione di informazioni fornita da Marr. 3. Seguire una regola. 4. Alcune distinzioni preliminari. 5. Informazione e interpretazione. 6. Computazione e interpretazione. 7. Elaborazione di informazioni nel cervello. 8. Seguire regole profonde inconsce. 9. Conclusione.

Jerzy Wróblewski
Il problema della traduzione giuridica
pp. 115-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/71840

Abstract

Nel presente saggio l’A. affronta il problema della traduzione in riferimento all’ambito giuridico, indagando alcuni aspetti del rapporto tra la lingua giuridica, quella nella quale sono formulati gli enunciati del legislatore, la lingua di applicazione del diritto, più ricca della prima in quanto comprende elementi della lingua naturale, della dottrina e della giurisprudenza, la lingua della scienza giuridica e la lingua della comparazione giuridica; e così analogamente tra contesto linguistico, proprio della lingua naturale, contesto sistematico, inerente al sistema giuridico di riferimento, e contesto funzionale, creato dall’insieme degli eventi sociali tra i quali il diritto opera.

Sommario: 1. Il diritto e le lingue collegate al diritto. 2. Le relazioni di equivalenza nella traduzione giuridica. 3. La traduzione giuridica e il diritto comparato.

Ulrich Beck
Vivere nella società del rischio globale
pp. 123-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/71841

Abstract

Nel presente saggio l’A. indaga il rischio, ritenuto conditio humana del secolo XXI, sotto il profilo delle sue radici e della sua percezione sociale in tre suoi aspetti costitutivi: incalcolabilità (con effetti sulla sua gestione), non-compensabilità e delocalizzazione (spaziale, temporale, sociale) per effetto dell’interdipendenza. Quanto alle linee di conflitto della società attuale del rischio globale, esse sono per l’A. di tipo culturale, a differenza di quelle proprie della società industriale nazionale (essenzialmente economico-sociali) e di quelle proprie dei rapporti Est-Ovest (essenzialmente caratterizzate da questioni di sicurezza politica). L’A. indaga dunque sulla ravvisabilità di una “funzione illuministica” nella società del rischio globale e sulla relativa forma che essa può assumere.

Sommario: 1. Vecchi pericoli-nuovi rischi: quali sono i caratteri inediti della società del rischio globale? 1.1. Dalla fiducia al sospetto. 1.2. Individualizzazione tragica. 1.3. La società del rischio globale produce nuove linee di conflitto. 1.4. La società del rischio è una società rivoluzionaria (latente), in cui lo stato di normalità e lo stato di emergenza coincidono. 2. L’astuzia del rischio: il rischio globale è una forza imprevedibile e impersonale nel mondo contemporaneo e innesca eventi a cui l’uomo può rispondere solo con una pianificazione a livello globale. 3. Conseguenze per le scienze sociali, prospettive.

Amartya Sen
Globalizzazione: valori ed etica
pp. 147-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/71842

Abstract

Nel presente saggio l’A. affronta la delicata questione dello spazio della giustizia nel processo di globalizzazione, nell’intento di dimostrare i limiti propri di entrambe le due letture attualmente più diffuse su tale fenomeno, la lettura ottimistica e la lettura scettica. Secondo la prima, la globalizzazione condurrà nel tempo al miglioramento generale delle condizioni di vita nel mondo; per la seconda, al contrario, la globalizzazione ha approfondito le disuguaglianze nel mondo e non si intravedono possibilità per porre rimedio a tale conseguenza. Paradossalmente, le due letture convergono nell’alimentare un atteggiamento di rassegnazione operativa di fronte ai fenomeni in espansione della sofferenza e dell’ingiustizia. L’A. propone un modo diverso di considerare la globalizzazione. Sfata, in base a un aperçu storico, la convinzione diffusa che si possano identificare sostanzialmente globalizzazione e imperialismo occidentale. Si tratta di un errore di valutazione costoso, che non coglie come la globalizzazione sia anche il frutto della comunicazione tra le culture, producendo un atteggiamento di sterile rifiuto che di fatto contribuisce alla chiusura autoreferenziale delle culture su se stesse. La globalizzazione è invece per l’A. una chance: si tratta di capire come fare buon uso dall’intensificazione degli scambi e dei rapporti economici, come porli al servizio delle esigenze di giustizia in un’ottica globale di governo e allocazione delle risorse. Del resto, la rimozione della povertà non può essere raggiunta come risultato automatico della crescita economica – come vorrebbero gli ottimisti – e richiede piuttosto precise scelte economiche, etiche, sociali e politiche. La via da percorrere è quella del potenziamento del ruolo delle istituzioni di tipo non economico.

Sommario: 1. La natura della globalizzazione. 2. La rana dello stagno e il mondo globale. 3. Istituzioni diverse dal mercato ed equa condivisione. 4. Basi istituzionali della partecipazione e della sicurezza. 5. Asimmetrie internazionali e istituzioni. 6. Sfide etiche e lotte future. 7. Osservazioni conclusive

Hans-Georg Gadamer
Ethos mondiale e giustizia internazionale. Intervista a cura di Damiano Canale
pp. 159-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/71843

Abstract

Tale contributo è frutto di una intervista concessa dall’A. alla rivista, uno tra gli ultimi lasciti della sua lunga esistenza. In esso vengono sottolineati gli importanti punti di contatto tra etica e diritto, imprescindibili per una concezione non formalistica ed ermeneutica del diritto stesso. I nodi nevralgici toccati dal grande filosofo sono il problema dell’eccedenza del diritto rispetto alla legge, oscurato da talune letture giuspositivistiche del diritto, e la relazione tra ethos mondiale e diritti umani. La sua tesi è che i diritti umani, pur rappresentando un valore non negoziabile, sono comunque un vincolo giuridico oggi necessario per limitare i conflitti, e dietro di essi “deve crescere l’attitudine al dialogo, che spetta alla religione universale sostenere”. Tale prospettiva risulta meglio raggiungibile mediante la concezione ermeneutica, di cui l’A. non si è mai stancato di sottolineare il tratto antidogmatico, fondamentale nell’affrontare i temi della giustizia internazionale.

Jacques Derrida
La letteratura nel segreto. Una filiazione impossibile
pp. 171-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/71844

Abstract

Considerato che la letteratura (in senso stretto: come istituzione occidentale moderna), implica di principio il diritto di dire tutto e di nascondere tutto, cosa per la quale è inseparabile da una democrazia a venire; che la supposta struttura fittizia di ogni opera esonera il firmatario quanto alla responsabilità, davanti alla legge politica o civile, del senso e del referente, pur aggravando in ugual misura, fino all’infinito, la sua responsabilità per l’evento singolare che ogni opera costituisce (responsabilità nulla e infinita, come quella di Abramo); che i segreti o gli effetti di segreti incriptati in un tale evento letterario non devono rispondere o corrispondere a qualche senso o realtà nel mondo e che, a tal riguardo, chiamano a una sospensione di questi ultimi; che la letteratura è il luogo di tutti questi segreti senza segreto; che questo diritto letterario alla finzione presuppone una storia che istituisce un’autorizzazione (lo statuto di un autore irresponsabile e iperresponsabile) alla decisione performativa di produrre degli eventi che, in quanto atti linguistici, sono altrettanti modi di indirizzarsi o di rispondere; che l’avvento di questo diritto implica l’alleanza indissolubile tra un’autonomia estrema (la libertà democratica di tutti e di ciascuno ecc.) e una estrema eteronomia (questo diritto è concesso e può essere ritirato), allora, afferma l’A. nel presente saggio, la letteratura è certamente erede di una storia santa della quale il momento abramitico resta il segreto essenziale. Ma essa rinnega anche questa storia, questa filiazione. La tradisce nel doppio senso della parola: le è infedele, rompe con essa nel momento stesso in cui ne manifesta la “verità” e ne disvela il segreto. Vale a dire la sua filiazione: possibile impossibile. Questa “verità” è a condizione di un rinnegamento del quale la legatura di Isacco implicava già la possibilità. Di questo doppio tradimento la letteratura non può che chiedere perdono. “Non vi è affatto letteratura che non chieda perdono, fin dalla sua prima parola. In principio ci fu il perdono. Per niente. Per non voler dire niente. Ci interrompiamo qui, nel momento in cui Dio giura. Sospendendo lui stesso il sacrificio, inviando il suo angelo per indirizzarsi ad Abramo una seconda volta, grida, chiama Abramo e giura. Ma non giura che davanti a se stesso, lo dice, lo confessa o lo rivendica. Come potrebbe fare altrimenti? Potrebbe voler dire qualcosa d’altro se non questa tautologia che non vuole dire niente? In questo istante, ma da questo solo istante, l’autonomia e l’eteronomia non fanno più che Uno, sì, più d’Uno”.
2007, 2007-2011, Indici
2006 – Mutamenti dei sistemi giuridici e globalizzazione
2008 – Le nuove frontiere del diritto internazionale

Ars Interpretandi | ISSN: 1722-8352 |redazione@arsinterpretandi.it
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