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2010 – Diritto, ragion pratica e argomentazione

Presentazione

I contributi raccolti in questo volume di Ars Interpretandi mirano, nel complesso, a fornire – sia mediante indagini di taglio prettamente storico-ricostruttivo (e questo anche con riferimento al dibattito più recente), sia mediante analisi di carattere più strettamente teorico-normativo – uno spaccato dei molteplici percorsi della teoria dell’argomentazione.
Il campo di studio sull’argomentazione è venuto via via ampliandosi, ponendosi al confine tra logica, filosofia, teoria della comunicazione, linguistica, psicologia, scienze cognitive, informatica e sociologia. Pur mutuando diversi elementi da questi vari ambiti disciplinari, specifica attenzione è qui rivolta all’argomentazione pratica ed, entro tale orizzonte, all’argomentazione giuridica ed ai suoi effetti istituzionali. L’ordine di presentazione dei contributi scelta non è casuale, ma conseguente a precise scelte: da quelle che si possono considerare “cornici teoriche” si passa attraverso alcuni momenti salienti che mettono a fuoco le implicazioni dell’argomentazione nelle diverse sfere della filosofia pratica, ad alcuni “nodi” che ne fanno risaltare i possibili risvolti, per così dire, “contestualisti”.

Thomas Casadei, Gianfrancesco Zanetti
Introduzione
pp. 7-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70664

Abstract

Nella nota introduttiva in rassegna, l’A. presenta i contributi raccolti nel volume Ars Interpretandi del 2010, contributi che mirano, nel complesso, a fornire – sia mediante indagini di taglio prettamente storico-ricostruttivo (e questo anche con riferimento al dibattito più recente), sia mediante analisi di carattere più strettamente teorico-normativo – uno spaccato dei molteplici percorsi della teoria dell’argomentazione. Il campo di studio sull’argomentazione, rileva in particolare l’A., è venuto via via ampliandosi, ponendosi al confine tra logica, filosofia, teoria della comunicazione, linguistica, psicologia, scienze cognitive, informatica e sociologia. Pur mutuando diversi elementi da questi vari ambiti disciplinari, specifica attenzione è qui rivolta all’argomentazione pratica ed, entro tale orizzonte, all’argomentazione giuridica ed ai suoi effetti istituzionali. L’ordine di presentazione dei contributi scelta dall’A. non è casuale, ma conseguente a precise scelte: da quelle che si possono considerare “cornici teoriche” si passa attraverso alcuni momenti salienti che mettono a fuoco le implicazioni dell’argomentazione nelle diverse sfere della filosofia pratica, ad alcuni “nodi” che ne fanno risaltare i possibili risvolti, per così dire, “contestualisti”.

Robert Alexy
Elementi fondamentali di una teoria della duplice natura del diritto
pp. 17-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70665

Abstract

Al centro delle mie riflessioni si trova la tesi secondo cui il diritto ha una duplice natura. Esso si compone tanto di una dimensione reale o fattuale, quanto di una dimensione ideale o critica. L’aspetto fattuale si riflette negli elementi definitori della positività conforme all’ordinamento e dell’effettività sociale, quello ideale nella correttezza morale. Chi definisce il diritto solo attraverso la positività conforme all’ordinamento e l’effettività sociale ne sostiene un concetto positivistico. Non appena la correttezza morale si aggiunge quale terzo, necessario elemento, l’immagine del diritto subisce una trasformazione fondamentale: ne emerge un concetto non-positivistico. La tesi della duplice natura implica così il non-positivismo. Questa tesi, in quanto tale, è ancora indeterminata e formale. Essa può ottenere un contenuto concreto e una struttura chiara attraverso uno sviluppo sistematico. La chiave di volta di questo sistema è l’idea dell’istituzionalizzazione della ragione. La sua forma politica è il costituzionalismo democratico o discorsivo. Il sistema può essere sviluppato in tre passi. [abstract tratto dalla rivista]

Sommario: 1. Correttezza e discorso. 1.1. La pretesa di correttezza. 1.2. Teoria del discorso. 2. Positività. 3. Istituzionalizzazione della ragione. 3.1. Limite estremo. 3.2. Costituzionalismo democratico. 3.3. Argomentazione giuridica. 3.4. Teoria dei principi.

Manuel Atienza
Robert Alexy e la “svolta argomentativa” nella filosofia del diritto contemporanea
pp. 37-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70666

Abstract

Nel presente saggio l’A. offre una lettura interpretativa della teoria dell’argomentazione di Robert Alexy, mettendo a fuoco in maniera sistematica, oltre alle straordinarie potenzialità della teoria elaborata dal filosofo del diritto tedesco, anche le critiche che ad essa sono state rivolte, nonché di precisare analiticamente un aspetto controverso su cui le concezioni dei due autori divergono. Più precisamente, il punto di divergenza riguarda la tesi del caso speciale. Secondo l’A., che ha di recente sviluppato la sua elaborazione in El derecho como argumentación, essa ha “il fondamentale inconveniente di uniformare eccessivamente l’argomentazione giuridica”. L’argomentazione giuridica (intesa non soltanto come l’argomentazione dei giudici e della dogmatica, bensì anche, ad esempio, come quella dei legislatori o degli avvocati) non è ritenuta un caso speciale dell’argomentazione pratica generale. L’argomentazione giuridica (intesa in senso ampio) è una pratica complessa nella quale concorrono differenti tipi di argomentazione e di dialogo, e nella quale, a seconda del contesto, può prevalere l’uno o l’altro di questi tipi di argomentazione. Ad avviso dell’A., quando si tratta di costruire una teoria generale dell’argomentazione giuridica, si deve attribuire indubbiamente una certa priorità al “discorso pratico razionale (al discorso critico)”, ma occorre fare posto anche alle “forme strategiche di argomentazione”. Il dialogo razionale deve pertanto giustificare l’esistenza di queste altre forme di argomentazione: in concreto, il discorso prettamente strategico degli avvocati, dei legislatori, dei negoziatori ecc. L’idea fondamentale dell’A. è che la dimensione argomentativa del diritto costituisce certamente “una chiave essenziale per comprendere a fondo molti problemi della teoria del diritto e per agire in modo sensato nel contesto delle differenti pratiche giuridiche degli Stati costituzionali”. Tuttavia dare conto di questa dimensione richiede una teoria complessa nella quale “si integrino le componenti formali, materiali e pragmatiche (retoriche e dialettiche) dell’argomentazione”.

Ulfrid Neumann
Teoria dell’argomentazione giuridica
pp. 49-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70667

Abstract

Sommario: 1. Filosofia del diritto e teoria dell’argomentazione giuridica. 2. Il concetto di argomento. 2.1. Argomento e movente (Motiv). 2.2. Concetto soggettivo e concetto oggettivo di argomento. 2.3. L’identificazione degli argomenti nelle motivazioni giuridiche. 3. Motivazione (Begründung), persuasione (Uberredung), dimostrazione (Beweis). 3.1. La funzione di motivazione delle argomentazioni. 3.2. Convincimento e persuasione (retorica giuridica). 3.3. Motivazione e dimostrazione. 4. Strutture. 4.1. Relatività dei modelli strutturali. 4.2. Il modello logico-deduttivo. 4.3. Il modello di argomentazione di Toulmin. 4.4. Parallelogramma degli argomenti, diagramma sagittale. 5. Fondamenti. 5.1. La teoria del discorso giuridico fondata sulla teoria del discorso pratico di Habermas (Alexy). 5.2. La teoria del discorso giuridico (Habermas). 5.3. Critica. 5.4. Discorsi di applicazione e discorsi di fondazione (Klaus Günther). 6. Critica (Luhmann).

Italo Testa
Pluralismo discorsivo e ragionamento giuridico: forme dell’argomentazione
pp. 71-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70668

Abstract

L’A. segnala come una delle sfide più importanti che oggi la teoria dell’argomentazione è chiamata ad affrontare sia proprio quella di mettere a punto una prospettiva multidimensionale sul dialogo. Sulla scorta del progetto teorico della New Dialectic di Douglas N. Walton, l’A. sostiene che esiste una pluralità di contesti dialogici di argomentazione non riducibili al modello della discussione critico-razionale. Entro questa visione, multidimensionale è la teoria dell’argomentazione stessa, in cui possono essere distinti tre livelli: quello descrittivo, quello normativo e quello giustificativo. L’integrazione tra tali livelli – l’individuazione, la ricostruzione e la giustificazione delle regole dell’argomentazione e dei criteri di validità a esse inerenti – avviene in relazione a un’idea di razionalità “normativamente aperta”. A partire da questo approccio articolato – che l’A. definisce bottom-up – si delinea una diversa concezione del discorso e del ragionamento giuridico che trova in Fatti e norme di Habermas la sua forma più compiuta. A prescindere dal fatto che la razionalità pratico-morale venga concepita in termini “ermeneutici” – come propongono Dworkin e Aarnio – o in termini “procedurali e kantiani” – come ritiene Alexy – o, ancora, in termini insieme “neo-humiani, procedurali e istituzionali” – secondo l’impostazione di MacCormick -, in tutte le teorie che riconoscono la tesi del caso speciale, essa ha comunque un ruolo fondativo rispetto al ragionamento giuridico. Le riflessioni di Habermas, nell’interpretazione offerta dall’A., paiono aprire un altro scenario: “la logica argomentativa del ragionamento giuridico nasce dall’intersezione di una pluralità di ordini di discorso e non è pertanto semplicemente fondabile normativamente come caso particolare della razionalità pratico-morale in generale”. I discorsi specificamente giuridici, così, si inseriscono strutturalmente, da un lato, “nel sistema giuridico positivo”, dall’altro, nel “processo politico di formazione della volontà”. Da questo punto di vista, “il diritto è, per un verso, un presupposto positivo, un fatto che risulta dal processo sociale e che vale quale presupposto funzionale delle società moderne: il che pone un limite rispetto alla pretesa di fondare l’indispensabilità del diritto e la correttezza del ragionamento giuridico semplicemente sulla base dei principi della ragion pratica morale. Per un altro verso, la pluralità di discorsi che possono articolare il ragionamento giuridico si inserisce nel processo politico di deliberazione”: “il discorso giuridico non può così più essere considerato come un caso particolare di discorsi morali ma si lega invece sin dall’inizio al processo politico deliberativo”.

Enrico Zoffoli
Due tipi di argomentazione morale: giustificazione e applicazione in Klaus Günther
pp. 85-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70669

Abstract

Tra le numerose differenze che intercorrono tra il principio di universalizzazione formulato da Kant e la sua rielaborazione intersoggettivo-dialogica operata da Habermas riveste un ruolo decisivo il “problema dell’applicazione” delle norme morali (Anwendungsproblem). Questa problematica è stata dettagliatamente analizzata da Günther, filosofo del diritto di scuola habermasiana con cattedra a Francoforte, nel testo del 1988 “Der Sinn für Angemessenheit – Anwendungsdiskurse in Moral und Recht”. La tesi fondamentale di Günther è che le questioni di giustificazione e le questioni di applicazione richiedono di essere affrontate mediante due prassi argomentative differenti. Mentre la prassi argomentativa di giustificazione deve essere guidata dal principio di universalizzazione, quella rivolta ai problemi di applicazione deve essere guidata dal principio di adeguatezza. Nel presente saggio l’A. prende in considerazione la prima parte di Der Sinn fürAngemessenheit, in cui Günther discute, da un punto di vista habermasiano, i capisaldi teorico-morali del problema dell’applicazione. Per prima cosa l’A. tenta di mettere in luce in che modo, secondo Günther, il principio di universalizzazione deve essere formulato alla luce di problemi di applicazione; successivamente l’A. si sofferma sulla tesi, difesa a più riprese da Günther, secondo cui i problemi di applicazione richiedono specifici discorsi di applicazione (Anwendungsdiskurse), separati e indipendenti dai discorsi di fondazione o giustificazione delle norme (Begründungsdiskurse); infine, l’A. tenta di riformulare i termini del problema servendosi della coppia concettuale Faktizität/Geltung (“fatticità”/”validità”) elaborata da Habermas nell’omonima opera del 1992.

Marina Lalatta Costerbosa
Il Pubblico, la democrazia e l’argomentazione: un percorso storico dottrinale (da Kant a Habermas)
pp. 99-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70670

Abstract

Ad Habermas approda la ricostruzione che l’A. svolge intorno a uno dei caratteri salienti dell’argomentazione, ovvero quello di pubblicità. Partendo dall’enunciazione kantiana del principio della pubblicità con riferimento alla legittimazione del diritto pubblico, l’A. ripercorre il ruolo e la funzione assunta dalla “forma della pubblicità” in alcuni classici della filosofia quali John Locke (il Pubblico come emancipazione sociale), Jean-Jacques Rousseau, Alexis de Tocqueville e John Stuart Mill (il Pubblico come insidia), fino ad arrivare alle teorizzazioni novecentesche di Hannah Arendt e, appunto, di Habermas (ove il Pubblico svela il suo potenziale positivo in connessione con la pluralità: il Pubblico come pluralismo). Quest’ultimo, accogliendo l’intuizione di Arendt concernente l’intreccio essenziale per l’uomo tra parola e agire, giacché è attraverso il linguaggio e l’azione che “ci inseriamo nel mondo umano”, ha mostrato in tutta la sua potenza la fecondità dell’incontro fra teoria dell’argomentazione e teoria della democrazia. L’ambiziosa sfida di Habermas consiste nel tentativo di riabilitare e riaffermare la democrazia, muovendo “dalla convinzione che solo riguadagnando fiducia nella sfera pubblica e nella capacità critica del Pubblico è possibile un riscatto dalla condizione presente”. A ritornare sono così i due requisiti fondamentali per il diritto e la politica rintracciati da Kant: l’uso pubblico della ragione e la trasparenza del governare.

Sommario: 1. Contro il moralismo politico. Due premesse. 2. Il pubblico come emancipazione sociale. Indipendenza e capacità critica: Locke. 3. Il pubblico come insidia. Parzialità e oppressione sociale: Rousseau, Tocqueville, Mill. 4. La democrazia in gioco. Pluralità e argomentazione: l’intuizione di Hannah Arendt. 5. La democrazia in gioco. Pluralità e argomentazione: la sfida di Habermas.

Barbara Bartocci
Argomentazione e politica: democrazia e nuova retorica in Chaïm Perelman
pp. 115-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70671

Abstract

La declinazione politica di una teoria dell’argomentazione ha una delle sue più vivide attestazioni nell’opera di Perelman. Il presente contributo offre una panoramica sugli snodi concettuali della speculazione perelmaniana, la quale si pone alla radice dei tanti percorsi teorici che muovono da una riscoperta dell’argomentazione. Ricostruendo le riflessioni del filosofo di origine polacca nei diversi campi di applicazione e quindi le sue implicazioni sia a livello giuridico sia a livello politico, viene illustrata la rilevanza pionieristica assunta dal Traité de l’argumentation nell’ambito degli studi contemporanei sull’argomentazione. L’indagine sul rapporto tra il razionalismo critico della nuova retorica e il ragionamento giuridico, e la fecondità in ambito pratico del progetto perelmaniano, volto alla “ristrutturazione delle funzionalità critiche e normative della ragione”, hanno del resto suscitato – al di là della problematicità di certi profili, come ben emerge dal lavoro ricostruttivo dell’A. – l’attenzione di studiosi come Norberto Bobbio e Letizia Gianformaggio che al binomio diritto/politica, entro gli spazi della democrazia, hanno dedicato tante delle loro energie intellettuali.

Sommario: 1. Ragion pratica e argomentazione: la “nuova retorica”. 2. Il ragionamento giuridico:dalla ragionevolezza all’imparzialità del giudice. 3. Argomentare in politica. 4. Nuova retorica e democrazia: annotazioni critiche.

Claudio Luzzati
Maimonidei o spinoziani? L’argomentazione tra diritto e filosofia morale
pp. 131-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70672

Abstract

Nel presente saggio l’A., attraversando la celebre distinzione tra “persuadere” e “convincere” ripresa da Perelman, e la vexata quaestio in cui incorrono tutti gli argomenti – considerarli per la loro validità o per la loro efficacia? -, utilizza “due grandi, ma diverse figure di razionalisti” come Maimonide e Spinoza per tratteggiare la figura del giurista, nonché per delineare i tratti essenziali del proceduralismo. Appoggiandosi alle acquisizioni maturate in altri suoi studi, l’A. rileva come il giurista non sia uno scienziato, e neppure un filosofo morale. L’uomo di legge, quando argomenta, incappa di frequente in “chiusure” e in “preclusioni”. Egli, dunque, non può essere spinoziano come il filosofo morale: “il suo è un mondo di formalismi”, che però “in molti casi possono essere giustificati moralmente”. In questo senso, il giurista ritiene di dover essere maimonideo, “ottimizzando il sistema e indossando il paraocchi conformistico delle ragioni codificate nelle leggi o nei precedenti”. Allo stesso modo, le procedure non sono spinoziane. Per quanto eque esse siano, limitano il dibattito, vi appongono freni e vincoli. D’altronde, le procedure non sono neutrali, ma hanno una diretta influenza sull’esito della discussione. Il proceduralismo non equivale, pertanto, né a una neutralità assoluta né alla totale apertura della discussione. La tesi dell’A. è che bisogna “distinguere tra le discussioni morali e le discussioni finalizzate a deliberare su specifiche scelte pratiche”. In questo secondo caso, “le procedure e le forme si prestano a facilitare il raggiungimento di decisioni condivise senza che si chieda ai partecipanti di accettare gli stessi valori o, peggio, di adottare il sostanzialismo di un’ideologia ufficiale. Le procedure, da un lato, garantiscono un’unità nonostante il dissenso. Dall’altro, permettono che il bisogno di agire assieme non prevalga a scapito della libertà di opinione dei singoli individui”: siamo ai fondamenti dello Stato di diritto.

Adelino Cattani
Sul diritto di argomentare e di discutere polemicamente
pp. 137-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70673

Abstract

Nel presente saggio l’A. si avvale di numerosi riferimenti offerti dalla storia del pensiero per rileggere il ruolo della polemica – ovvero del conflitto – entro la dimensione della discussione. L’argomentazione si solidifica così nei contesti vitali in cui cooperazione e conflittualità, consenso e dissenso, “rigidità in corso di discussione” e “finale disponibilità a ricredersi” si combinano all’interno di una processualità aperta. La tesi dell’A. è che si sia determinata via via una restrizione della portata della discussione, tesa anche a ridurre il portato – positivo – del conflitto. Si è passati dal piacere di discutere (spirito rappresentato da Gorgia, Protagora, Isocrate, Erasmo da Rotterdam, Lutero e, tra i movimenti, dai dialetticisti e dagli scolastici) al diritto di discutere (i fautori del quale, oltre naturalmente ai precedenti nomi – “considerato che piacere e diritto vanno a braccetto” – possono considerarsi Seneca il Vecchio, Cicerone, Quintiliano, Giordano Bruno, Montaigne, John Stuart Mill e Karl Popper) fino ad arrivare al dovere di discutere (di cui sono esponenti significativi Boezio e, nel corso del Novecento, Thomas H. Huxley, John Dewey e Guido Calogero, nonché un cultore del dialogo come Aldo Testa). Riabilitando valore e funzione della polemica, l’A. mira a rivalutare il diritto di argomentare e di discutere polemicamente, entro una propensione agonistica che deve comunque, necessariamente, prevedere regole e procedure.

Cinzia Gamba
Emersione del conflitto e criterio di rilevanza nel ragionamento giuridico. Processo e mediazione a confronto
pp. 149-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70674

Abstract

Il presente saggio si propone di svolgere un’analisi comparativa tra due differenti strumenti di risoluzione delle controversie presenti nel nostro ordinamento giuridico: il processo e la mediazione. Sono messe a confronto, in particolare, le modalità con le quali processo e mediazione si pongono rispetto al conflitto da risolvere e ne individuano la parte rilevante, allo scopo di addivenire alla risoluzione della controversia che contrappone le parti. La prospettiva di comparazione prescelta mette in luce notevoli differenze nell’articolazione del ragionamento giuridico e nella struttura dell’argomentazione; al contempo, avvalendosi di uno strumento tecnico come il criterio di rilevanza, l’A. mette in discussione alcune affermazioni che ricorrono nella letteratura giuridica e che sono finalizzate, principalmente, a promuovere la conciliazione come strumento alternativo al processo.

Sommario: 1. Introduzione. 2. Il processo e l’operatività del criterio di rilevanza. 3. La mediazione e l’indeterminatezza del criterio di rilevanza. 4. Alcune considerazioni relative al d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, in materia di mediazione. 5. Conclusioni.

Fabrizio Macagno, Douglas Walton
Ragionare per dicotomie. Struttura argomentativa e usi nel common law
pp. 167-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70675

Abstract


Sommario:
1. Dicotomie e impegni dialogici. 2. Uso delle dicotomie nel controesame. 3. L’uso delle dicotomie nel voir dire. 4. Dicotomie e ragionamento per opposti. 5. Fase dibattimentale: dicotomie come strategia di difesa. 6. Fase decisoria: dicotomie e il ragionamento per conseguenze. 7. Conclusione.

Damiano Canale, Giovanni Tuzet
Struttura inferenziale e assunzioni ontologiche dell’argomento a contrario
pp. 189-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70676

Abstract

Nel presente saggio gli AA. intendono chiarire la struttura pragmatica dei diversi usi di un argomento ricorrente nelle argomentazioni come quello a contrario. Essi – partendo da un caso molto concreto (l’art. 18 del D.L. 30agosto 1968, n. 918, relativo ai contributi da corrispondere all’INPS da parte delle “aziende industriali e artigiane che impiegano dipendenti nelle regioni del Mezzogiorno”) – concentrano la loro attenzione sul modo in cui le proprietà e le entità rilevanti entrano in gioco nella pratica argomentativa degli operatori giuridici che ricorrono a questa forma di argomento. Quanto è in gioco non è solo un uso più rigoroso dell’argomento, ma anche una migliore comprensione di ciò da cui l’argomento dipende. È infatti il contesto a determinare l’uso corretto dell’argomento a contrario: “Sono cioè le altre ragioni avanzate o richieste dai partecipanti all’argomentazione a determinare se una versione o l’altra dell’argomento a contrario sia giustificata”. Riconoscendo la centralità della “relazione di incompatibilità” per gli usi di questo tipo di argomento (sia che essi vertano su “proprietà istituzionali” sia che riguardino “proprietà naturali”), risulta possibile per gli AA. “mostrare come gli impegni e i titoli discorsivi assunti dai partecipanti a uno scambio di ragioni determinino quale uso dell’argomento a contrario è corretto in un dato contesto”.

Sommario: 1. Uno o due argomenti? 2. Negazione “forte” e negazione “debole”. 3. L’articolazione inferenziale dell’argomentazione giuridica. 4. L’argomento a contrario in uno scambio di ragioni. 5. Assunzioni ontologiche e relazioni di incompatibilità.

Recensione
J. Hruschka, La costituzione del caso giuridico (A. Altobrando).
pp. 207-208
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70677

Abstract

Il testo di Joachim Hruschka La costituzione del caso giuridico, uscito per la prima volta in tedesco nel 1965, e ora disponibile in italiano grazie alla preziosa traduzione di Gaetano Carlizzi e con una precisa introduzione di Giuseppe Zaccaria, rappresenta non solo un interessante saggio di filosofia del diritto e un’introduzione al contempo chiara e approfondita a una delle tematiche centrali di tale disciplina, ma anche un’eccellente messa in opera di quanto la fenomenologia husserliana ha lasciato in eredità al pensiero contemporaneo. Esso offre, in particolare, un’analisi di come venga a delinearsi l’opera e il pensiero di chi è chiamato a decidere un “caso giuridico”. Mettendo a frutto nelle sue riflessioni uno dei principi fonda- mentali della fenomenologia husserliana – l’idea, cioè, della correlazione a priori tra soggetto e oggetto –, Hruschka osserva come per esprimere un giudizio sia sempre necessario un processo di costituzione del caso giuridico stesso che si vuole giudicare, e questo significa che il caso giuridico non può essere colto che da un soggetto capace di elaborazione giuridica degli avvenimenti che popolano l’esperienza. Il caso giuridico non è qualcosa che si trovi già bell’e pronto tra i “fatti” del mondo, bensì si costituisce attraverso il lavoro del giudicante, il quale è chiamato a decidere un avvenimento che si pretende dotato di valore giuridico. In tal modo Hruschka mette in luce come ogni “caso giuridico” venga non certo creato, bensì quantomeno “estratto” da una moltitudine di vicende che popolano il mondo e di cui il giudicante è altrettanto cosciente, senza però che si senta chiamato a renderle oggetto di elaborazione specificamente giuridica.

Recensione
M. Atienza, El derecho como argumentación (I. Trujillo)
pp. 209-212
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70677

Abstract

In questo volume, Manuel Atienza porta a compimento un percorso di indagine che lo ha legato a lungo al tema dell’argomentazione giuridica, sia attraverso lo studio delle teorie che se ne sono occupate (si può ricordare il libro Las razones del derecho. Teorías de la argomentación jurídica, del 1991), sia nello studio di “parti” di una teoria dell’argomentazione (Tras la justicia, del 1993, Las piezas del derecho, del 1996, con J. Ruiz Manero, e La guerra de las falacias, del 1999). Il libro è diviso in cinque capitoli. Il primo contiene una disamina dei rapporti tra diritto e argomentazione alla luce dell’importanza cruciale – ad avviso dell’autore, e anche di chi scrive – dell’argomentazione nella cultura giuridica occidentale. Nel secondo si individuano tre diverse concezioni dell’argomentazione: la concezione formale, materiale e pragmatica, alle quali sono dedicati i restanti tre capitoli. La tesi di fondo è che nessuna di queste concezioni da sola sia sufficiente a spiegare il ruolo dell’argomentazione nel diritto e la specificità dell’argomentazione giuridica e delle sue regole. Tutte e tre servono però per spiegarla parzialmente. Meno evidente – nella poderosa e completa articolazione del tema – è il collegamento tra queste tre dimensioni, anche se la trattazione, a concludersi con la dimensione pragmatica, fornisce un indizio del percorso da seguire per ricostruire questa unità. Una tensione attraversa con determinazione tutto il lavoro. Argomentazio- ne e diritto sono intrinsecamente collegati e ciò significa – per l’autore – il collegamento tra diritto e ragione. Questo binomio è teso, a sua volta, a garantire il controllo sul potere e sulla forza. Decisamente e coraggiosamente si afferma e si prova con dovizia di argomenti che nel diritto sono presenti sia le “ragioni” al plurale, sia anche la “ragione” al singolare, nel senso che le ragioni presenti nell’argomentazione giuridica aspirano fortemente a essere veritative, cioè – in termini adatti al discorso pratico – corrette, secondo criteri specifici e diversificati.

2007-2011, 2010, Indici
2009 – Il diritto fra testo e applicazione
2011 – Ermeneutica e Pluralismo

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