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2009 – Il diritto fra testo e applicazione

Presentazione

Il secolo appena trascorso è stato segnato dal diffuso riconoscimento del valore filosofico del linguaggio, come conferma la felice espressione “Linguistic Turn” coniata da Richard Rorty per fissare il momento saliente della speculazione novecentesca. Eppure, nel quadro di questa generale attenzione per il fenomeno linguistico, altri pensatori – tra i quali Eric A. Havelock e Carlo Sini – hanno attribuito un particolare rilievo all’elemento della scrittura. Deci-iva è stata l’intuizione che la testualità non sia semplicemente una tra le tante forme di manifestazione della prassi linguistica, bensì la forma in cui l’uomo, costituendo per sé un termine di riferimento stabile, ha potuto transitare dall’epoca mitologica a quella razionale. Per quanto questa tesi sia suscettibile di discussione, è un fatto che la componente testuale cadenza la storia del pensiero giuridico come una sorta di costante. Che nell’esperienza giuridica l’elemento testuale abbia un ruolo centrale ma non esclusivo è esattamente l’idea attorno alla quale ruotano i contributi presentati in questo volume di Ars Interpretandi.

Baldassare Pastore, Francesco Viola, Giuseppe Zaccaria
In ricordo di Franco Volpi
pp. 7-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70651

Abstract

La scomparsa di Franco Volpi lascia un grande vuoto nella cultura filosofica europea e, in noi che l’abbiamo conosciuto, un sentimento di profondo dolore, interrompendo un percorso di feconda collaborazione alla vita di “Ars Interpretandi”, che lo ha visto fin dall’inizio partecipe come fondatore e condirettore della rivista. L’apporto che Franco Volpi ha dato alla definizione del progetto e all’attività della nostra rivista è stato essenziale. Costanti sono stati la sua attenzione all’evoluzione dell’ermeneutica, con riferimento alle molteplici ermeneutiche regionali, considerate nelle loro interazioni nonché nella loro mutua fecondazione e convergenza, e agli sviluppi dell’ermeneutica giuridica, inserita nel più ampio dibattito sulla rinascita della filosofia pratica, così come il suo impegno per mantenere quel respiro internazionale che ha sempre caratterizzato i contributi di riflessione e di discussione sviluppatisi in questi anni sulle pagine della rivista. La statura intellettuale di Volpi, la sua notorietà, la ricchezza delle sue relazioni in Italia e in Europa, la qualità del lavoro da lui svolto sono state decisive nel rendere “Ars Interpretandi” un punto di riferimento nel dibattito giuridico e filosofico odierno. Franco Volpi è stato un uomo di dialogo, un uomo che ha cercato la fusione degli orizzonti ermeneutici, un uomo capace di dominare saperi complessi e compositi e di navigare sapientemente nel mare dei rapporti tra discipline diverse. È stato un grande traduttore e uno studioso schivo, che praticava la virtù della modestia e che rifuggiva dai fronzoli cerimoniali. L’attitudine al dialogo era legata alla sua curiosità intellettuale e alla disponibilità a gettare “ponti” tra prospettive differenti. “Ponti” tra il suo mondo e quello dell’altro, chiunque esso fosse, una persona vicina e contemporanea o un autore di un secolo lontano. Lo stile della persona era un tutt’uno con quello delle sue ricerche. I suoi scritti, condotti con rigore storico e filologico, con acutezza e lucidità, e le sue traduzioni, caratterizzate da altissima tecnica tipicamente ermeneutica, hanno segnato una rilevante novità nell’approccio a correnti significative della filosofia del Novecento, costituendo, come nel caso degli studi su Heidegger e sul nichilismo, una guida indispensabile per la comprensione critica di momenti fondamentali del pensiero contemporaneo. Di ciò, tra l’altro, dà testimonianza Enrico Berti nel ritratto del percorso intellettuale compiuto da Volpi, pubblicato in questo numero di “Ars Interpretandi”. La serietà della sua ricerca, fatta di ascolto dei testi, di capacità di penetrazione e di chiarezza argomentativa, si è costantemente associata al metodo del domandare, del chiedere ragione e del mettere in questione come proprio del filosofare. L’interesse per l’interrogazione dialogica e per la costruzione di punti d’incontro tra orientamenti diversi e tra ambiti separati dalla progressiva specializzazione, insieme all’assunzione del compito di schiudere orizzonti e produrre aperture di senso, verificandone argomentativamente la validità, costituiscono i tratti distintivi di quell’atteggiamento ermeneutico che Franco Volpi ha coltivato, volgendo la sua attenzione ai temi della razionalità pratica e delle modalità del comprendere e dell’interpretare, nel contesto problematico dell’auto- rappresentazione culturale e filosofica del nostro tempo. Su questi temi, costituenti il filo che lega i materiali e i contributi raccolti a partire dal primo numero del 1996, dando vita a indagini e approfondimenti di cui sono stati protagonisti, sia sul versante analitico sia su quello continentale, nomi importanti del mondo giuridico, filosofico ed epistemologico attua- le, e che confermano la funzione di luogo comunicativo che “Ars Interpretandi” programmaticamente ha inteso e intende svolgere, il nostro impegno si manterrà costante, guardando anche a nuove piste di investigazione da intraprendere e individuando ulteriori motivi di discussione e di confronto. Proseguire, con riguardo all’attività di questa rivista, che sentiva sua, il sentiero interrotto di Franco Volpi ci sembra la maniera migliore per ricordarne con commosso rimpianto la figura umana e l’opera.

Baldassare Pastore
Francesco Viola
Giuseppe Zaccaria

Agosto 2009

Enrico Berti
Il “sentiero interrotto” di Franco Volpi
pp. 9-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70652

Abstract

Nel presente contributo l’A. dà conto del percorso intellettuale compiuto da Franco Volpi, sottolineando come i suoi scritti, condotti con rigore storico e filologico, con acutezza e lucidità, e le sue traduzioni, caratterizzate da altissima tecnica tipicamente ermeneutica, hanno segnato una rilevante novità nell’approccio a correnti significative della filosofia del Novecento, costituendo, come nel caso degli studi su Heidegger e sul nichilismo, una guida indispensabile per la comprensione critica di momenti fondamentali del pensiero contemporaneo.

Gaetano Carlizzi
Il diritto fra testo e applicazione
pp. 23-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70653

Abstract

In tema di: Il diffuso riconoscimento del valore filosofico del linguaggio nel secolo appena trascorso. Il particolare rilievo dell’elemento della scrittura in alcuni autori. La tesi secondo cui la testualità va intesa come forma di manifestazione della prassi linguistica attraverso cui l’uomo ha potuto transitare dall’epoca mitologica a quella razionale. I contributi della rivista sul tema in parola.

Stephan Meder
Problemi fondamentali e storia dell’ermeneutica giuridica
pp. 27-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70654

Abstract

Sommario: 1. Introduzione. 2. Aspetti terminologici. 2.1. Ermeneutica e interpretazione. 2.2. Ermeneutica e statuizione del diritto. 3. L’ermeneutica di Savigny come punto di partenza. 4. Panoramica della storia dell’ermeneutica giuridica. 4.1. Ermeneutica umanistica. 4.2. Ermeneutica dell’illuminismo. 4.3. La svolta verso l’ermeneutica giuridica moderna. 5. La critica di Gadamer all’ermeneutica di Savigny. 6. La formula del “comprendere-meglio” come problema ermeneutico fondamentale. 6.1. “Interpretazione oggettiva” ed ermeneutica giuridica moderna. 6.2. La “dissoluzione” dell’idea della “volontà del legislatore”. 6.3. La “migliore visione giuridica” del giudice. 6.4. La migliore visione giuridica dello “spirito del popolo”. 6.5. Aspetti comuni alla teoria dell’interpretazione soggettiva e oggettiva. 6.6. Differenze tra la teoria oggettiva e l’ermeneutica giuridica moderna. 7. Riepilogo.

Ulfrid Neumann
Applicazione giuridica, uso dei metodi e teoria del diritto
pp. 51-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70655

Abstract

Sommario: 1. Ermeneutica filosofica ed ermeneutica giuridica. 2. Demolizione di un modello idealistico di diritto. 3. Platonismo delle regole e scetticismo delle regole. 4. Vincoli attraverso il linguaggio: semantica e pragmatica. 5. Vincoli attraverso i metodi: il problema della gerarchia degli argomenti. 6. Ermeneutica e critica dell’ideologia. 7. Ermeneutica giuridica e prassi giuridica.

Dennis Patterson
Disaccordo teorico e interpretazione
pp. 65-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70656

Abstract

Sommario: 1. Introduzione. 2. Il positivismo e la natura del diritto. 3. Dworkin e il disaccordo teorico. 4. disaccordo teorico: cosa ci dice la prassi. 5. Forme di argomentazione giuridica. 6. Interpretazione.

Jack M. Balkin
Fedeltà al testo e ai principi
pp. 79-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70657

Abstract

Nel presente contributo l’A., nell’affrontare il problema dell’interpretazione dei testi costituzionali, tenta di smascherare la “falsità” dell’alternativa tra interpretazione originalista e interpretazione evolutiva, alquanto ricorrente nella letteratura nordamericana. La “terza via” che l’A. propone riflette lo spirito pragmatico e democratico della sua cultura di appartenenza. Così, nei casi frequenti in cui i testi costituzionali abbiano un tenore vago, la necessaria discesa ai principi loro immanenti non può restare prigioniera della visione che ne ebbero i padri fondatori, ma deve assumere il loro senso originario come aperto alle mutevoli esigenze collettive. Diversamente, da un lato, le innovazioni capitali della giurisprudenza costituzionale sarebbero degradate a vincoli giustificati da pure esigenze di stabilità giuridica. Dall’altro e soprattutto, si svaluterebbe il contributo coefficiente che i movimenti sociali hanno dato alla genesi di tali innovazioni.

Sommario: 1. Significato originale contro aspettativa originale di applicazione. 2. Errori e risultati conseguiti. 3. Significato originale e costruzione costituzionale. 4. Fedeltà e vincoli istituzionali.

Akhil Reed Amar
Intratestualismo
pp. 93-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70658

Abstract

Sommario: 1. Introduzione. 2. Peculiarità dell’intratestualismo. 3. Tipi di intratestualismo. a) L’uso della Costituzione come dizionario: l’intratestualismo come metodo filologico. b) L’uso della Costituzione come schema di concordanza: l’intratestualismo come riconoscimento di strutture. c) L’uso della Costituzione come libro delle regole: l’intratestualismo come interpolazione dei principi. 4. Alcuni punti di forza dell’intratestualismo. 5. Alcune debolezze dell’intratestualismo.

Roberto Bin
La Costituzione fra testo e applicazione
pp. 111-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70659

Abstract

Sommario: 1. Perché le costituzioni moderne sono documenti normativi “diversi”. 2. La costituzione è legge? 3. Testo e teorie dogmatiche. 4. Applicazioni della costituzione nei giudizi. 5. L’interpretazione “conforme a costituzione”. 6. Il fenomeno delle sentenze additive e il giudizio di ragionevolezza. 7. Casi in cui la costituzione fornisce la “regola del caso”. 8. L’applicazione della costituzione, tra teoria dell’interpretazione e teoria dei poteri.

Giorgio Pino
Principi e argomentazione giuridica
pp. 131-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70660

Abstract

Sommario: 1. La distinzione tra regole e principi. 2. Principi e ragionamento giuridico. 2.1. Una distinzione graduale e relazionale. 2.2. Principi come norme generiche e indeterminate. 2.3. La questione del “peso”. 2.4. Relazioni tra principi. 2.5. L’individuazione dei principi. 2.6. L’elaborazione di principi impliciti. 2.7. L’applicazione dei principi. 3. In conclusione.

Marco Goldoni
Interpretazione vs autorità. Considerazioni sui limiti e le prospettive del pluralismo normativo di Robert Cover
pp. 161-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70661

Abstract

Il presente saggio è dedicato alla teoria del diritto di Robert Cover. Quest’ultima ruota attorno alla dialettica autorità/interpretazione e cerca di superare la contrapposizione tra giuspositivismo ed ermeneutica dworkiniana, invalsa nella teoria del diritto d’oltreoceano. Entrambe le concezioni si rivelano unilaterali: mentre la prima asservisce il giudice al testo, i cui significati sarebbero prestabiliti dall’autorità legiferante, la seconda fa l’esatto opposto, affermando che i significati testuali sono funzione dell’interpretazione giudiziale, che si erge così a vera e propria autorità. Secondo Cover, occorre riconoscere, per contro, che quei significati corrispondono alle diverse visioni dei “mondi normativi” compresenti in una certa comunità. In questa prospettiva pluralistica, la ricerca di un contemperamento nel caso da decidere, se possibile, è l’unica strada che le corti possono intraprendere per ridurre la carica di violenza immanente alla loro attività.

Sommario: 1. La nozione di universo normativo. 2. La formazione del significato giuridico: impegno e obbligazioni. 3. La funzione delle corti: l’attivismo giudiziario fra hard cases ed esercizio della violenza. 4. I limiti della proposta di Cover.

Flora Di Donato
La comunità processuale come contesto attivo di interazione tra clienti, avvocati e giudice
pp. 187-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70662

Abstract

Il presente saggio può essere letto come un contributo innovativo alla genealogia dei testi prodotti in ambito processuale. Dopo aver dato conto dell’importanza acquisita nella recente teoria giuridica dal concetto di “comunità interpretativa”, l’A. si rivolge alla comunità processuale. In particolare, proponendosi di mostrare come la prova giudiziaria dei fatti dipenda soprattutto dall’intreccio di una serie di testi (atti di citazione, memorie ecc.) che non si limitano a recepire accadimenti oggettivamente preesistenti. Essi, piuttosto, costruiscono narrazioni determinate dai punti di vista che i protagonisti del processo, ivi compresa la parte in causa, assumono tipicamente nel suo corso.

Sommario: 1. La nozione di comunità interpretativa negli orizzonti della postmodernità giuridica: il ruolo del consociato. 2. Il costruttivismo giuridico e la funzione di community building realizzata dalle storie. 3. Il processo come comunità di interpretazione e costruzione di senso per clienti, avvocati e giudice. 4. La storia processuale. 5. I protagonisti della narrazione processuale. 6. In particolare: il ruolo del cliente/consociato nella costruzione della storia. 7. Conclusioni.

Recensione
M. Vogliotti Tra fatto e diritto. Oltre la modernità giuridica. (E. Pariotti)
pp. 207-
DOI: http://dx.doi.org/10.7382/70663

Abstract

La genesi e la crisi della concezione moderna del diritto costituiscono l’oggetto centrale dell’indagine condotta in questo volume, che mira in ultima istanza a valorizzare, all’interno di tale concezione, gli elementi in grado di liberare dalla mitologia propria della modernità giuridica per condurci verso una comprensione del fenomeno giuridico attenta alla sua dimensione relazionale e pluralista. In tal senso, il volume si presenta come una complessa ricostruzione – per l’ampiezza dei temi toccati e per la molteplicità dei livelli di analisi interessati – dei principali snodi della comprensione moderna e contemporanea del diritto, nonché dei percorsi che hanno determinato il passaggio dalla prima alla seconda.
Il primo capitolo ricostruisce nel dettaglio la prospettiva della prima modernità sul diritto, una prospettiva che si configura come un costante tentativo di rappresentare il diritto come un oggetto (si parla, appunto, in tal senso di solidificazione del diritto), che punta a costruire una scienza giuridica avalutativa e a separare radicalmente la produzione dall’applicazione del diritto, assegnando al giudice il ruolo di mera bocca della legge.
Il secondo capitolo ripercorre numerosi aspetti della deriva novecentesca della concezione moderna del diritto.
Il terzo capitolo approfondisce alcuni momenti nevralgici di questo approdo al nichilismo, attraverso quello che viene indicato come il percorso di indebolimento del diritto che conduce a decretare la fine dell’assolutismo giuridico
moderno.

2007-2011, 2009, Indici
2009 – Norberto Bobbio, gli anni padovani
2010 – Diritto, ragion pratica e argomentazione

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